Ciro Ferri nacque a Roma nel 1634 e ivi morì nel 1689. La sua formazione artistica si svolse presso la bottega di Pietro Berrettini da Cortona, che era appena tornato da Firenze per stabilirsi nella città eterna. Il maestro da Cortona era nel pieno della sua maturità artistica nell’epoca del barocco e in uno straordinario seicento romano. Quando Ferri entrò nella sua bottega apprese e assunse ben presto lo stile del maestro e da scolaro divenne continuatore della sua arte con un suo stile volutamente molto vicino al maestro, ma con tratti più sobri e regolati.
Nel biennio 1687 -89 l’artista realizzò un gruppo di otto statue commissionate per gli altari di sant’Ignazio e san Francesco Saverio nella chiesa del Gesù in Roma. I santi raffigurati sono: Francesco Saverio, Teresa d’Avila, Isidoro agricoltore, Francesco d’Assisi, Francesco Borgia, Francesco di Sales e Francesco di Paola. Sulla base ottogonale delle statue si legge l’iscrizione con le referenze del committente-benefattore P. Cesare Massei e dell’autore Ciro Ferri. È stato definito un unicum nel barocco seicentesco di Roma. Ferri ne fu l’autore, l’ideatore, ne realizzò i disegni, il progetto e fu il supervisore dell’esecuzione. Le statue misurano 90 x 40 cm, sono in bronzo dorato. Rappresentano le ultime opere dell’artista.
Presentano degli aspetti di particolare importanza. Furono ritrovate nel 1922 negli armadi della sagrestia della chiesa del Gesù a Roma, e prima di questa data non si trovano menzionate nei cataloghi sull’artista romano, mai citate nelle guide e nelle fonti. Della produzione scultorea dell’artista si trova la menzione di due statue in argento di San Lorenzo e San Damaso “fatte col disegno di Ciro Ferri”, e conservate nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso.
La presenza del gruppo delle otto statue è di innegabile valore e aggiungono un tassello prezioso all’arte del pittore e scultore romano.
Gli esperti sostengono che sotto il profilo artistico le otto statue mostrano una rara qualità scultorea e una unità stilistica di espressione e di linguaggio di Ferri. In particolare le quattro statue destinate all’altare di sant’Ignazio, vale a dire Santa Teresa, San Francesco Saverio, San Filippo Neri e Sant’Isidoro l’Agricoltore si trovarono in una migliore condizione di conservazione rispetto alle altre. Al valore artistico si aggiunge il plusvalore nell’ambito ecclesiale e carmelitano. I quattro santi appena riportati insieme a sant’Ignazio di Loyola furono i cinque santi canonizzati il 12 marzo 1622 e di cui quest’anno festeggiamo il IV Centenario.
Oggi vogliamo ricordare la gioia, la festa e con qualche breve nota sull’opera d’arte di Ferri con qualche breve nota sulla statua di santa Teresa.
Il Ferri presenta una santa Teresa che oggi definiremmo Dottore della Chiesa. Il libro che regge sulla mano sinistra e la piuma sulla destra raccontano il carisma di scrittrice della maestra del Carmelo e il riconoscimento della sua dottrina per tutta la Chiesa. Ma alla fine del XVII secolo quali potevano essere i significati presentati da Ferri con l’iconografia di Teresa.
Possiamo individuare tre elementi di questa iconografia. Il libro, la fondatrice, la maturità dello sguardo.
IL LIBRO. Teresa scrisse molto nella sua vita. Nel 1588, fra Luis de Leon nel pubblicare la prima raccolta delle opere maggiori di Teresa scrisse che pur non avendola conosciuta in terra la può vedere in due opere che lasciò di se quali veri ritratti della sua persona: le sue figlie e i suoi scritti.
In una momento particolare, a causa dell’eresia protestante, Teresa dovette bruciare alcuni libri che la aiutavano nell’orazione. In quei giorni sentì una voce interiore: “Io ti darò un libro vivo”. La promessa del Signore si compì. Il libro era un aiuto per cercare, trovare il Signore, ridestare alla sua coscienza la presenza dell’Amico, ma da quel momento ebbe poco bisogno dei libri e ogni volta che si metteva a pregare trovava il Signore. Questa parola interiore fu la prima esperienza mistica di Teresa.
Come non ricordare il suo invito pieno di amore a “guardare le parole che escono dalla bocca di Gesù”, quando si legge la Parola di Dio. Non si legge, ma si guarda il Signore che parla. È risaputo il particolare amore e la venerazione della santa per la Sacra Scrittura (anche se la proibizione della lettura a causa dell’eresia protestante, rendeva difficile leggere in spagnolo).
Un ultimo aspetto che suggerisce il libro aperto sulla sua mano richiama il carattere dialogico e mistagogico dei suoi scritti. Teresa dialoga con il lettore, quando scrive ha presente il destinatario e i futuri lettori e, in più, li coinvolge, li invita a diventare suoi amici. Le sue opere sono una testimonianza della grazia dell’amicizia del Signore. Ne parla lei stessa in termini di dono: un conto è ricevere la grazia, un conto è sapere di quale grazia si tratti, un altro è saperla comunicare. Teresa possiede la triplice grazia e nei suoi libri la testimonia con l’intenzione di ingolosire dello stesso bene sperimentato. In più la santa si propone come guida esperta in grado di accompagnare ogni persona alla stanza più bella e intima del castello del Re: è questo il suo dono per la Chiesa, il suo carisma.
Senza pretesa di esaurire le osservazioni, gli altri due tratti caratteristici della presentazione della statua di Ciro Ferri sono la sua postura e il volto.
La postura della santa è in atteggiamento di camminare. Teresa ha camminato nella sua vita molto per le fondazioni: è il suo carisma riconosciuto dalla Chiesa. Fondatrice significa Madre, maestra dell’orazione, la particolare preghiera a cui si sono innamorati i suoi contemporanei e per cui le hanno chiesto di fondare piccole comunità di Carmelitane Scalze in Spagna. L’unica volta che Teresa fonda un monastero è a Medina del Campo, il suo secondo Carmelo, poi fonderà per invito. I figli, la famiglia che da santa Teresa prende vita sono l’altra immagine che ci ha lasciato di sé.
L’altro aspetto della statua di Ciro Ferri è il volto. Qui si vede la mano esperta dell’artista nel saper rendere un bel volto e la grande padronanza ti tecnica di doratura dell’artista che fa apprezzare le sfumature dei lineamenti, dell’effetto del volto vicino al colore della pelle, tutte sfumature che una foto difficilmente riesce a ripresentare. L’espressione del volto è di una persona matura; gli occhi volutamente fissi sul libro hanno l’effetto di orientare lo sguardo di chi osserva. Sembra nella posizione di chi ha appena terminato di scrivere e nell’atto di offrire il prezioso contenuto. La mano che regge il libro non vuole trattenerlo, ma presentarlo.
La ricchezza dell’abito carmelitano è espressione del barocco seicentesco.
Quanto mai attuali possono essere le parole di Gregorio XV: “Nei nostri giorni Dio ci ha colmato delle sue misericordie… e nelle nostre grandi afflizioni ci favorisce… con i suoi santi perché per loro, per le loro intercessioni, i loro suffragi e le loro suppliche difendono la Chiesa da tutte le insidie”.
Santa Teresa di Gesù, prega per noi.
di redazione